Tai chi: un’attività adatta per contrastare il declino cognitivo

Ci avete mai pensato? Accade spesso che si parli con passione di quanto ci piace caratterizzando qualunque cosa, situazione etc, non tanto per il suo valore oggettivo quanto per quello che gli attribuiamo individualmente. Si tratta di un meccanismo inconscio in cui, una passione personale aggiunge maggior valore – quando non lo sostituisce – quello oggettivo del tutto, a ciò che amiamo.

 

La mia passione per il Tai chi

Anche a me, come a tutti, talvolta sfugge il vero valore di quello cui sono appassionato (innamorato potrei anche dire), facendone quasi un simbolo di vita…
Così è stato – con i dovuti se o ma – per il T’Ai Chi Ch’Uan disciplina cui sono giunto per caso ed a cui e, ormai da anni, scopro di essere legato inesorabilmente.
Perdutamente innamorato aggiungo…
Vi fu un tempo in cui cercare, conoscere, scoprire, i benefici del Tai Chi era una necessità, quasi una mania, una sorta di virus; oggi, con la pratica continua, sta assumendo un valore non solo intellettuale e parlarne genera una particolare sensazione, quasi una difficoltà, in certi momenti.
La naturale loquacità che mi ha caratterizzato per una vita intera ha mutato natura e l’osservazione e la riflessione hanno preso il posto di altre abitudini.

Per farvi esempio, piccolo ma significativo, ieri – ritornato da uno spossante viaggio di lavoro che mi ha assorbito completamente per oltre due giorni – giunto a casa mi sono accorto che ero sprofondato in uno stato di agitazione, ero perfaso da una stanchezza particolarmente intensa. Ero nervosissimo, irascibile, intrattabile, irritante perfino a me stesso. E quel che é peggio, dovendo poi tornare in centro città per una commissione, mi sono ritrovato a dovermi controllare in modo inimmaginabile. Con uno sforzo che mi è sembrato ciclopico. Così, avendo pochissimi minuti da dedicare alle mie pratiche di meditazione quotidiana, le ho decisamente non lasciate, addirittura aborrite! O, almeno, avevo deciso di farlo….ma il corpo e la mente dolevano molto. Troppo! Così è stato che avessi qualche minuto, pochissimi a mia disposizione, ho anticipato l’uscita di casa e recatomi nel giardino antistante l’abitazione (non avendo tempo di raggiungere la palestra), mi non ritagliato qualche minuto per il T’Ai Chi Ch’Uan.

Lentamente il respiro ha intrapreso un ritmo diverso, diaframmatico.

Il flusso d’aria inspirato, riuscivo a visualizzarlo con un bel colore azzurro, percorreva le vie nasali, la trachea, quindi le parti alte del sistema polmonare in discesa fino a giungere s poco sotto il diaframma in corrispondenza del Tan Tien, quel punto, posto a circa  quattro centimetri sotto l’ombelico per altrettanti di profondità, in cui secondo la Medicina Tradizionale Cinese si concentrano le principali energie umane. Una volta lì, ruotando su se stesso, in una sorta di sfera di una decina di centimetri, percorreva la stessa via in senso contrario divenendo di color rosso.

Lentamente, molto lentamente. Tutto ciò senza espandere la cassa toracica in avanti ma, cosa fondamentale, solo abbassando il diaframma.

Pochi atti inspiratori e lenti sono stati sufficienti affinché mi riappropriassi del mio ritmo naturale. Di me stesso… poi a quel punto ho iniziato la forma 108 di Tai Chi.
Questa respirazione, appunto denominata respirazione diaframmatica (o buddista), svolge un’importante azione sul flusso sanguigno, arricchendolo di ossigeno.
Quando respiriamo immettiamo nell’organismo una miscela in cui azoto, ossigeno e gas sono i principali componenti. Tali elementi sono in un rapporto di equilibrio ben definito tra loro e nello scambio che avviene a livello polmonare l’organismo rilascia biossido di carbonio (CO2) nell’atto espiratorio.
Questo processo, che è alla base della nostra esistenza per le funzioni fondamentali dell’organismo, quando pratichiamo le varie tipologie di respirazione (se ne contano almeno otto diverse) viene alterato in base a quale metodo respiratorio si segue cosicché, l’apporto di ossigeno, varia – anche in modo sensibile – da tecnica a tecnica.
Come nel caso degli apneisti sportivi che, per aumentare la loro capacità di permanenza nelle profondità marine, senza respirare, adottano tecniche di iperventilazione, che hanno appunto la peculiarità di alterare il rapporto tra ossigeno e biossido di carbonio nell’organismo, aumentando il primo e riducendo moltissimo il secondo.

Dall’Antica Medicina Cinese alle recenti conferme scientifiche

Anche nella respirazione diaframmatica (respirazione buddista), l’organismo di chi pratica il Tai Chi diviene maggiormente ricco di ossigeno cosa che comporta di acquisire un elevato ampliamento delle sue “performance” psico-fisiche. E non solo… Lo sapevano gli antichi che lo studiarono e adottarono queste tecniche tant’è che oggi anche numerosi studi scientifici ne attestano, inequivocabilmente, i benefici.
La più recente conferma è emersa dalla ricerca che hanno svolto alcuni scienziati dell’Università di Canberra (Australia). I ricercatori hanno condotto una revisione di ben 36 studi scientifici che valutavano quanto l’intensità e la frequenza dei diversi tipi di esercizio fisico fossero associati a miglioramenti della funzione cognitiva in persone sopra i 50 anni. Northey e il suo gruppo hanno utilizzato soggetti di controllo ai quali sono stati assegnati, in modo casuale, specifici esercizi, al fine di valutare come l’attività influenzasse le funzioni cognitive.
La pratica costante del Tai chi, che unisce la respirazione profonda a movimenti lenti e fluidi, è risultata associata alle migliori performance in termini di benessere psicofisico rispetto all’attività aerobica e ad altri tipi di allenamenti, benché anche questi siano stati associati a miglioramenti della funzione cognitiva. L’allenamento che offre i miglioramenti più significativi ha una durata dai 45 ai 60 minuti, 2 o più volte alla settimana. Per quanto riguarda l’intensità, l’esercizio fisico moderato-vigoroso è quello maggiormente associato a benefici significativi.

Per concludere, gli Autori hanno sottolineato che la pratica costante del Tai chi è quella più indicata anche per le persone anziane che vogliono fare attività fisica ma anche “rafforzare le funzioni cognitive, riducendo anche l’impatto di altri fattori di rischio sul declino cognitivo, come l’obesità e il diabete”. Io che lo pratico ormai da molto ne sono pienamente convinto.

Fonte

Northey JM et al – Exercise interventions for cognitive function in adults older than 50: a systematic review with meta-analysisBr J Sports Med 2017 Apr 24

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