La mia Via Francigena, da Canterbury a Roma

La mia Via Francigena, da Canterbury a Roma

di Gianpaolo Fattori

“Faccio una diretta Facebook, anche se so già che piangerò come un cammello, perché guardate cosa c’è davanti a me”. Queste sono state le parole che ho pronunciato nella mia ultima diretta su Facebook, mentre la telecamera del cellulare andava ad inquadrare la sagoma inconfondibile della Basilica di San Pietro, la più importante chiesa cristiana del Mondo. Ce l’ho fatta, sono arrivato a Roma, portando a termine il mio primo cammino, quello della via Francigena, tra i più lunghi e duri in assoluto. Anche con il diabete tipo 2, si può.

La partenza

Sono partito il 30 di maggio 2019 dalla Cattedrale di Canterbury, in Inghilterra e dopo 78 giorni di cammino, esattamente il giorno di ferragosto, sono arrivato in Piazza San Pietro a Roma, concludendo la mia fantastica e folle impresa.

Più di 2.200 chilometri percorsi da solo a piedi, zaino in spalla con gli inseparabili bastoncini da trekking e un compagno silente, il diabete tipo 2.

Un sogno realizzato. L’entusiasmo ha battuto la fatica

78 notti passate in letti diversi, 78 volte ho fatto e disfatto lo zaino e innumerevoli pasti consumati da solo.

15 kg sulle spalle del mio zaino, ma molti di più d’entusiasmo una volta partito da Canterbury.

La voglia di partire, di scoprire e di arrivare a Roma, ha scacciato tutta la paura e l’ansia della vigilia.

Una volta giunto a Dover da Canterbury, mi sono imbarcato sul traghetto che dall’Inghilterra mi ha portato in Francia ed esattamente a Calais. Ho attraversato interamente la Francia (il tratto più difficile!) e la Svizzera per poi arrivare in Italia, attraverso il Passo del Gran San Bernardo, da lì sino alla capitale.

Giorno dopo giorno, con caparbietà e determinazione senza mai fermarmi, salvo recuperare un po’ di energie con un giorno di riposo ad Arras, Laffonds, Aosta, Fidenza e a Buonconvento.

La mia Via Francigena, da Canterbury a Roma

La mia indimenticabile, estate speciale

Un viaggio bellissimo e un’estate decisamente fuori dall’ordinario che quotidianamente, al termine di ogni giornata, sulla mia pagina di Facebook, commentavo e caricavo le foto della tappa.

Un viaggio fatto di emozioni, introspezione, gioia, dolori, sconforti e sorrisi. Fatto di cose belle, come il bonjour monsieur che tutti i bambini francesi e svizzeri mi rivolgevano incrociandomi, e la splendida accoglienza e allegria che sappiamo offrire noi italiani.

Continuiamo a essere positivi e solidali, non perdiamo questa nostra peculiarità, anzi rilanciamola, trasmettendola ai nostri ragazzi, fornendo loro dei buoni esempi da parte nostra.

Questo è il commento alla vigilia dell’arrivo: “Domani terminerà questa mia incredibile esperienza. Sono felicissimo ma anche stanchissimo, la maledetta vescica al piede sta condizionando la mia andatura. Confesso che sono emozionato e non mi sembra ancora vero: incredibile quello che ognuno di noi può fare, una volta che si mette alla prova”. In questo mio commento mi sono dimenticato di dire che ho il diabete di tipo 2 e che portare a termine quest’impresa era importante per me, per dimostrarmi quanto fossi “tosto” (ammesso ce ne fosse bisogno!), ma soprattutto per dimostrare a tutti che a 61anni e con il diabete tipo 2 è possibile compiere cose straordinarie, anche se si ha questa subdola patologia.

Le sfide nella vita ti aiutano a scoprire chi sei

La solitudine dei molti giorni ha reso straordinario questo cammino; passati i primi 40 giorni ho percepito d’essere vicino a un bivio, continuare o fermarmi; qui ho compreso  quanto fosse determinante la forza e l’equilibrio mentale in avventure di questo genere, rendendomi conto di prendere consapevolezza del controllo che avevo su di me e i miei stati d’animo. Pensare minuto dopo minuto, ora dopo ora e rimandare all’indomani la non soluzione del momento. Potevo fare quello che volevo, ed è stata una enorme sorpresa  per me.

Mi inorgogliva questa forza ma non dimenticavo il: “vola basso ragazzo” che una vocina mi sussurrava, ristabilendo il mio equilibrio.

Molti gli imprevisti  ma ne è assolutamente valsa la pena

Ho dovuto superare la febbre due volte, curata con antibiotici, mi hanno rubato lo smartphone, ho avuto una zecca attaccata alla coscia per più di 4 giorni senza che io mi rendessi veramente conto di cosa fosse quella cosa che facendo la doccia toccavo. Ho avuto problemi intestinali dovuti a una intossicazione alimentare, insomma non mi sono fatto mancare nulla! Tutto questo senza un supporto di un compagno di viaggio, tra l’altro in Francia e in Svizzera dove la non ottima conoscenza della lingua certamente non aiutava.

Alcune riflessioni importanti

Saranno stati questi imprevisti che sommati ad altri, per strani meccanismi mentali, credo di sopravvivenza, mi hanno fatto diventare man mano più spigoloso, nel corso del viaggio. Le emozioni e stupori iniziali mano a mano sparirono e l’unica cosa che contava era l’arrivare. Solo poche cose in realtà da Monterosi a Roma mi stupirono e mi emozionarono ancora come i primi giorni. Come mi disse un pellegrino francese : “più i cammini sono lunghi, più il paesaggio ci sembra uguale e più ci importa la meta finale”. Personalmente credo abbia ragione.

Quelle poche cose insieme a molte altre sono scolpite nella mia mente come su una lastra di Titanio, indelebili.

Una curiosità che mi ha sorpreso in questa quotidiana solitudine, non aver mai indossato, salvo una sola volta, gli auricolari per ascoltare della musica. Ho preferito cogliere tutti i rumori che mi giungevano dalla natura che mi circondava, compresi anche quelli poco armoniosi e fastidiosi di auto e moto.

Dopo aver fatto in bicicletta da solo più di 1.500 km da Spino d’Adda – Roma – Spino d’Adda, nel 1984, essere stato tedoforo alle Olimpiadi Invernali di PyeongChang 2018, nella Corea del Sud e ideatore, nel casalasco-viadanese, della prima Ultra Marathon per soli camminatori in Lombardia, la Ultramarathon Mantova Sabbioneta, la Via Francigena da Canterbury a Roma, in termini di fatica e determinazione, batte tutti i precedenti.

Sono sempre aperto e disponibile a parlare di questa mia impresa, se può essere utile a qualche gruppo o persone.

Passaporto di Giovanni Fattori

NOTA BENE

Puoi guardare la gallery fotografica dell’intero cammino di Gianpaolo nei 2 album del suo profilo facebook dove ci sono anche numerosi video del suo cammino, giorno per giorno. Un’impresa davvero speciale.

Francigena 2019 Canterbury – Roma (1° parte) »

Francigena 2019 Canterbury – Roma (2° parte) »

Coronare un sogno, anche con il diabete

La mia francigena. Io e il diabete in cammino da Canterbury a RomaGianpaolo Fattori ha di recente scritto e pubblicato un libro sulla sua avventura rocambolesca: “La mia francigena. Io e il diabete in cammino da Canterbury a Roma” dimostrando che anche con il diabete tipo 2 e l’ipertensione – a 61 anni – se consapevoli e ben preparati – si può percorrere ben 2.200 km in 78 giorni per coronare un sogno nel cassetto.

Citando Calvino “Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi”, Gianpaolo ci racconta il suo viaggio interiore.

“Quando ho scritto questo libro, non immaginavo di rivivere le stesse emozioni provate durante il cammino. Alcune lacrime sono cadute sulla tastiera e non me ne vergogno. Vivo di emozioni e sono le stesse che provo, nel leggere i continui messaggi che ricevo.  Grazie.. grazie e grazie ancora”.

“È stato un cammino nel cammino, a volte anche doloroso, ma pieno di emozioni che prepotentemente si ripresentavano e che spero giungano a chi lo leggerà”.

“Ci sono voluti più di due anni di vero impegno, perché la stesura di un libro non è banale, a maggior ragione se parli di te e di quello che hai fatto”.

La mia francigena. Io e il diabete in cammino da Canterbury a Roma” è un viaggio interiore, un libro di 242 pagine, di cui 40 a colori con le foto scattate lungo il cammino.

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