Chetoacidosi diabetica: com’è cambiata la sua prevalenza alla diagnosi di DT1 ?

Chetoacidosi diabetica: com’è cambiata la sua prevalenza alla diagnosi di DT1?

Diabete tipo 1 e chetoacidosi diabetica: il Prof. Valentino Cherubini, Direttore SOD della Diabetologia Pediatrica presso la AOU Ospedali Riuniti di Ancona, “G. Salesi” Hospital, è uno degli specialisti pediatrici da sempre in prima linea per sollecitare la diagnosi precoce del diabete tipo 1 (DT1) e la prevenzione della chetoacidosi diabetica (DKA).
Insieme ad alcuni colleghi di altri 12 Paesi, distribuiti in 3 Continenti, ha di recente pubblicato uno studio per valutare la variabilità nel corso di 11 anni (2006-2016) della prevalenza di DKA al momento della diagnosi di DT1 pediatrico. I risultati emersi su 59.000 bambini rappresentano un’incalzante call to action per impegnare rapidamente maggiori sforzi nella diagnosi più precoce del diabete di tipo 1, al fine di prevenire la DKA in particolare nelle sue forme più gravi.

Prof. Cherubini, che cosa s’intende per chetoacidosi diabetica?

La chetoacidosi diabetica (diabetes ketoacidosis, DKA) è una complicanza acuta del diabete tipo 1 (DT1) particolarmente grave quando insorge nei bambini, più rara negli adulti: si associa ad alta morbilità, mortalità e aumenta la spesa sanitaria.
Studi recenti hanno dimostrato che i bambini con un esordio del DT1 associato a chetoacidosi diabetica sono più esposti nel corso della vita a un controllo metabolico difficile e sono a maggior rischio di complicanze croniche rispetto a coloro che non hanno avuto la DKA all’esordio del diabete. Inoltre, è da notare che anche un solo episodio di chetoacidosi severa procura danni che durano negli anni.
Devo aggiungere una cosa importante: non sempre il diabete tipo 1 si manifesta con DKA, la sua comparsa è quasi sempre dovuta a un ritardo della diagnosi di diabete tipo 1.

Ci sono dei sintomi spia a cui i genitori devono fare attenzione?

Sete intensa (polidipsia) e tanta pipì (poliuria, aumento del numero delle minzioni nella giornata) devono fare sospettare la presenza di DT1: sono i due sintomi classici con cui si manifesta il diabete tipo 1, anche se in alcuni casi possono comparire segni e sintomi meno comuni come profonda stanchezza, perdita di peso, dolore addominale, forte nausea o vomito ingiustificati. In caso di sospetto, è bene contattare subito il pediatra o ancor meglio andare al pronto soccorso direttamente.

Se i sintomi sono riconosciuti subito la chetoacidosi diabetica si può evitare, se invece sono ignorati, la chetoacidosi diabetica compare e – quando diventa severa – provoca danni seri come disturbi della memoria, deficit cognitivi e alterata crescita cerebrale nei piccoli pazienti.

Veniamo al lavoro appena pubblicato: quali erano gli obiettivi?

Siamo partiti da alcune considerazioni: le stime sulla prevalenza della chetoacidosi diabetica all’esordio del DT1 nei bambini variano parecchio nei diversi paesi, ecco perché sono stati coinvolte ben 13 nazioni, compresa l’Italia. In particolare, in alcune di queste, il peso della DKA alla diagnosi di diabete tipo 1 è ancora molto alto ed è condizionato da fattori socio-economici. Inoltre, non era mai stato condotto uno studio internazionale che valutasse questi aspetti. Ci siamo quindi chiesti se la prevalenza della chetoacidosi diabetica alla diagnosi di diabete tipo 1 pediatrico fosse cambiata – e con quale variabilità geografica – nell’arco di tempo di 11 anni (2006-2016).

DKA Chetoacidosi diabetica: com’è cambiata la sua prevalenza alla diagnosi di DT1?Che tipo di studio avete condotto?

Abbiamo condotto uno studio retrospettivo internazionale multicentrico sull’insorgenza di DKA alla diagnosi di diabete tipo 1 in bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 14.9 anni.
Hanno partecipato 13 Paesi di 3 Continenti diversi: Australia, Austria, Cecoslovacchia, Danimarca, Germania, Italia, Lussemburgo, Nuova Zelanda, Norvegia, Regno Unito (Galles), Slovenia, Svezia e Stati Uniti.
La prevalenza media di insorgenza di DKA è stata valutata per l’intero periodo, globalmente e per ciascun Paese, aggiustata per gruppi di sesso ed età, in modo da ottenere dati confrontabili.
Le variabilità nel tempo della prevalenza annuale di DKA sono state stimate con analisi statistica per ogni Paese.

I risultati che cosa hanno evidenziato?

DKA chetoacidosi diabetica - Diabete.comAbbiamo valutato i dati della DKA su un ampio campione di 59.000 bambini (età media: 9 anni) con nuova diagnosi di diabete tipo 1.
L’analisi condotta ha confermato che la prevalenza della chetoacidosi diabetica all’esordio di DT1 varia notevolmente nei diversi Paesi coinvolti, sia per le forme più lievi che per quelle più gravi.
Tale prevalenza era ancora troppo alta nel 2016 e ha mostrato la tendenza a un lieve aumento tra il 2006 e il 2016. In generale, in tutti i Paesi la prevalenza di DKA era più alta nei bambini con età inferiore ai 5 anni tranne Svezia, Danimarca e Nuova Zelanda dove le percentuali più elevate si osservavano tra gli adolescenti di 10-14.9 anni.

E in Italia, quali risultati?

Nel corso degli anni, in Italia la percentuale di bambini con chetoacidosi diabetica all’esordio del diabete tipo 1 è andata diminuendo. Tuttavia, il nostro Paese evidenzia una delle più alte prevalenze di DKA tra i Paesi partecipanti che ci sollecita a una tempestiva call to action finalizzata a contrastare in modo più incisivo il fenomeno.

Si conferma che la DKA è spesso correlata a un ritardo nella diagnosi?

Purtroppo i dati raccolti confermano tale correlazione. Molti bambini prima di avere diagnosi di diabete di tipo 1 sono stati visitati una o più volte da un medico, allungando i tempi di latenza alla diagnosi. Una maggiore consapevolezza sulla malattia, anche grazie a questo studio internazionale, dovrebbe consentirci una diagnosi più precoce del diabete di tipo 1 con una minore incidenza di DKA, in particolare in forma grave.

Sono emerse differenze di età?

Il picco globale di prevalenza di DKA conferma il più alto rischio nei bambini più piccoli, al di sotto dell’anno di età, con una riduzione proporzionale al crescere dell’età fino a 5 anni e un lento aumento successivo, man mano che i bambini crescono, con un secondo picco, meno accentuato intorno ai 10-12 anni (vedi figura sopra). Questi risultati potrebbero essere dovuti a una scarsa consapevolezza dei genitori sui sintomi “spia” nei bambini più piccoli e/o a una riluttanza degli adolescenti a parlare dei propri sintomi ai genitori.
Altra possibilità per spiegare l’alto rischio di chetoacidosi nei bambini piccoli è la più estesa distruzione di cellule beta all’insorgenza di diabete tipo 1 nei bambini più piccoli, che potrebbe predisporre a un esordio più rapido e aggressivo del DT1.

Ci sono differenze di genere?

Per quanto riguarda, eventuali differenze di genere, non erano evidenti fino ai 4.9 anni mentre si osservano più avanti nella crescita, con prevalenza più elevata nelle bambine tra 5-9.9 anni (Germania, Norvegia e Slovenia) o nei bambini tra i 5-9.9 anni e 10-14.9 anni, rispettivamente in Galles e negli USA. Al momento sono necessari ulteriori studi per capire le ragioni di tali differenze. Forse le ragazze sono più riluttanti nel percepire un’inspiegabile perdita di peso come un sintomo precoce associato alla DKA, ma sono ipotesi tutte ancora da verificare.

Le campagne di sensibilizzazione e i programmi di screening possono essere utili?

Programmi di screening così come campagne di sensibilizzazione rappresentano sicuramente strumenti utili ed efficaci per ridurre la prevalenza di DKA all’esordio del diabete tipo 1 nei bambini, sebbene le campagne sinora condotte abbiano evidenziato risultati non uniformi nei diversi Paesi: positivi in Italia e in Australia, irrilevanti in Austria e Galles.

In ogni caso, tali campagne di sensibilizzazione – per essere realmente efficaci – dovrebbero rivolgersi a un’ampia popolazione generale e di professionisti della salute, dovrebbero essere ripetute e prolungate nel tempo (campagne una tantum risultano inefficaci), dovrebbero essere mirate alle categorie più a rischio e dovrebbero monitorare tutti i fattori che influenzano la comparsa di chetoacidosi diabetica.

Anche lo screening prescolare per la ricerca di autoanticorpi diretti contro le isole pancreatiche nella popolazione generale potrebbe essere utile nella prevenzione della DKA alla diagnosi di DT1, come ha dimostrato uno screening in tal senso condotto tra bambini di 2-5 anni in Bavaria, Germania che ha evidenziato una prevalenza della DKA alla diagnosi inferiore del 5%, utilizzando una metodica sensibile e con costi sostenibili.

Quale impatto potrebbero avere questi risultati in un prossimo futuro?

Le evidenze raccolte devono essere considerate preoccupanti per tutti i Paesi coinvolti e in particolare per quelli con sistemi sanitari avanzati. I risultati, oltre ad allertarci, dimostrano i seguenti aspetti cruciali:

  1. l’approccio collaborativo tra i diversi Paesi favorisce una migliore comprensione della prevalenza di DKA alla diagnosi di diabete tipo 1 e può aiutare a diffondere più celermente maggiori conoscenze sullo sviluppo di interventi per contenere la DKA all’esordio del diabete nei piccoli pazienti;
  2. la valutazione del pH venoso in tutti i casi di nuova diagnosi di diabete tipo 1 permetterebbe stime più accurate della chetoacidosi. Fortunatamente in Italia questa procedura è molto diffusa;
  3. è evidente la necessità di una valutazione più oggettiva della comparsa di chetoacidosi diabetica, che includa il pH venoso, così da permettere stime migliori della DKA in tutti i bambini con una nuova diagnosi di diabete tipo 1.

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