Le liste di attesa nel pubblico e/o nel privato convenzionato sono cresciute del 25% (già prima della pandemia si aspettavano, in media, 128 giorni per una visita endocrinologica, 114 per una diabetologica, 97 per una mammografia e 75 per una colonscopia) e in diverse occasioni è mancata, del tutto o in parte, la continuità dei percorsi di cura per la cronicità, che interessano oltre 4 italiani su dieci (24,6 milioni) compresi i pazienti con diabete.
A partire dal primo semestre del 2021 la spesa sanitaria privata è tornata a crescere in modo assolutamente significativo, con un importante incremento delle prestazioni sanitarie pagate direttamente di tasca propria dai cittadini anche all’interno del perimetro dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), soprattutto in ambito diagnostico e specialistico. Tuttavia l’Italia continua ad essere il Paese europeo che investe meno nell’assicurazione della spesa sanitaria di individui e famiglie (solo l’1,9% del PIL vs il 4,2% della media dell’Unione Europea). Questo scenario è stato presentato alla Summer School di Motore Sanità da Marco Vecchietti, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Intesa Sanpaolo RBM Salute.
Cronicità: i bisogni di cura crescono, come può aiutare la sanità integrativa?
“Per far fronte a questa crescita dei bisogni di cura degli italiani sarebbe importante valorizzare le potenzialità offerte dalla sanità integrativa, che già oggi assiste poco meno di 14 milioni di persone, liberando, in una logica complementare al Servizio Sanitario Nazionale, preziose risorse aggiuntive sia a livello di capacità assistenziali che economiche a beneficio dei cittadini e del Sistema Sanitario del nostro Paese” – sostiene Vecchietti.
“Per utilizzare appieno queste potenzialità, bisognerebbe consentire a polizze e fondi sanitari di assicurare l’intero paniere della spesa sanitaria pagata “di tasca propria” dai cittadini (compresi interventi nel campo della prevenzione, della promozione di stili di vita attivi e delle prestazioni LEA interessate dal fenomeno delle liste di attesa), superando l’attuale impianto normativo fortemente condizionato da un’impostazione pregiudiziale nei confronti del privato, ormai non più attuale, e le asimmetrie fiscali che limitano le agevolazioni reddituali per chi aderisce a una forma di sanità integrativa esclusivamente agli accordi di natura collettiva”.
Secondo Vecchietti, livello attuativo lo sviluppo di un Secondo Pilastro sanitario complementare, “dovrebbe essere realizzato attraverso la compresenza di:
- forme sanitarie complementari “occupazionali” (riservate ai lavoratori dipendenti del comparto pubblico e privato);
- forme sanitarie complementari “professionali” (riservate ai liberi professionisti, ai lavoratori autonomi e alle casalinghe);
- forme sanitarie complementari “aperte” (per tutti i cittadini che decidano di aderirvi direttamente);
- forma sanitaria complementare “sociale” (per tutti i cittadini che non abbiano diritto ad aderire alle forme sanitarie complementari occupazionali/professionali e non abbiano i requisiti economici, anagrafici o sanitari per aderire ad una Forma Sanitaria Complementare aperta)”.
Nel contempo – ha concluso Marco Vecchietti – “è fondamentale promuovere campagne istituzionali che informino adeguatamente gli individui e le famiglie sui vantaggi di questi strumenti, dato che attualmente ancora 7 italiani su 10 dichiarano di avere una scarsa conoscenza dei prodotti assicurativi e dell’offerta di sanità integrativa”.