Cronache di tipo 1 è un blog ideato e alimentato da un gruppo di giovani “belli tosti” con il diabete di tipo 1: Michele, Michela e Francesca che hanno sentito l’esigenza di condividere la propria esperienza di vita con la malattia, troppo spesso confusa con il diabete tipo 2 e gravata da pregiudizi e ignoranza.
Cronache di tipo 1 è uno spazio virtuale in cui si parla della vita di ogni giorno. È un luogo di condivisione di storie e momenti personali, delle difficoltà incontrate e del modo in cui si affrontano ma anche uno spazio per comunicare le proprie soddisfazioni e successi a beneficio di tutti. Narrarsi è sempre terapeutico, per chi scrive e per chi legge. “Come nello sport, mi piace mettermi sempre in gioco, è la sfida della vita, con o senza diabete. La sconfitta di oggi sarà il trampolino per la vittoria di domani” sostiene Michele Mercorelli, giovane runner tra gli ideatori di Cronache di Tipo 1. La sua energia ci ha coinvolto e abbiamo voluto saperne di più. Ecco l’intervista che ne è nata, chiacchierando insieme.
Michele, rompiamo il ghiaccio. Parlaci di te. Quando hai iniziato a fare sport?
Ho sempre fatto sport, anche se ad intermittenza. Da piccolo, nel periodo delle scuole elementari, ho praticato nuoto un paio d’anni, ottenendo anche una medaglia di bronzo ai giochi della gioventù. Sono poi passato al basket, fino ai 17 anni, portandomi a casa un campionato regionale nella categoria allievi. Dopo aver sospeso lo sport per diversi anni, almeno a livello agonistico, nel 2014 mi sono iscritto in palestra e, nel 2019, ho iniziato a praticare il podismo con una certa costanza. In poco tempo, quella che avevo intrapreso come mera attività terapeutica è diventata una grande passione a cui, oggi, non saprei davvero rinunciare.
Sapevi già di avere il diabete tipo 1 quando hai iniziato? Perché hai scelto la corsa?
In realtà ho iniziato (anzi, ri-iniziato) a fare sport, proprio in seguito all’esordio del diabete tipo 1. Alla fine di agosto 2014 mi sono ritrovato in un letto d’ospedale stordito, confuso, ma con la certezza che avrei dovuto prendermi più cura di me stesso per cercare di fronteggiare il diabete, e l’attività fisica era sicuramente un passo concreto in questa direzione. Il mese successivo, avevo già iniziato gli allenamenti in palestra. Ci andavo 3 volte a settimana, e alla fine di ogni allenamento corricchiavo per una ventina di minuti sul tapis roulant.
Mi sentivo benissimo, nonostante l’impegno generato dalla malattia, perché ero tornato a uno stato di forma fisica che non avevo ormai da anni. Ciononostante, ho dovuto sospendere quasi completamente gli allenamenti per un paio d’anni per motivi di lavoro. È stato un periodo pesantissimo e interminabile.
Quando ho ripreso, ero più determinato di prima, così ho deciso di dividere gli allenamenti di forza da quelli aerobici. In pratica, 3 giorni sollevavo pesi, e 2 giorni uscivo a correre. Con il tempo, la corsa è diventata assolutamente preponderante, e gli allenamenti di forza che faccio adesso sono tutti funzionali al miglioramento delle performance podistiche.
Perché la corsa? Innanzi tutto perché mi piace, ovviamente. Inoltre, è uno sport estremamente flessibile, che si adatta agli impegni quotidiani, e non è vincolato alla partecipazione di altre persone: vado quando ho tempo, e posso cambiare i programmi anche all’ultimo (compatibilmente con la glicemia). È uno sport primordiale, basato su uno schema motorio assolutamente naturale per l’essere umano e, last but not least, è eccezionale per migliorare la sensibilità insulinica!
Raccontaci il tuo esordio del diabete tipo 1
Il mio esordio, fortunatamente, non è stato drammatico. Non sono stato troppo male, anche se ammetto di essermi spaventato, perché non capivo cosa avessi.
Voglio elencare i miei sintomi dell’esordio in maniera chiara, in modo che siano ben identificabili da parte di chi legge, sia perché la diagnosi precoce è fondamentale per ridurre il rischio di complicanze da diabete (che sia di tipo 1 o di tipo 2), sia perché, purtroppo, ci sono tanti casi di diabete infantile che vengono rilevati con pericoloso ritardo. E’ bene, per un genitore, capire il prima possibile se c’è qualcosa che non va nel/la proprio/a piccolo/a. Nelle settimane precedenti il mio ricovero, i campanelli d’allarme erano molteplici:
- ero costantemente stanco, anzi, letteralmente senza forze;
- avevo sempre sonno, tanto da non riuscire a tenere gli occhi aperti e, per questo, facevo fatica a guidare. Inoltre,
- avevo una sete insaziabile. Bevevo litri d’acqua ed andavo a fare pipì, a ciclo continuo.
Il sintomo che mi ha spinto ad andare in ospedale è stato:
- l’offuscamento della vista che si è manifestato dopo un paio di settimane, e che mi ha fatto temere il peggio. Al pronto soccorso, dopo la visita oculistica, mi volevano rimandare a casa, perché gli occhi sembravano non avere alcun problema. Mi sono opposto, perché non stavo bene e, solo dopo aver insistito, i medici hanno approfondito con le analisi del sangue.
Lì, è emersa la verità: diabete di tipo 1. Mi sono bastati 3 giorni di ricovero, dopodiché sono tornato a casa un po’ confuso e spaventato, ma determinato a mettercela tutta per fare in modo che questa malattia non mi rovinasse la vita.
Come avete reagito tu e la tua famiglia?
Considerando che temevo che i sintomi potessero essere riconducibili a un qualche tipo di male incurabile, mi sono sentito quasi sollevato quando mi hanno detto che era diabete tipo 1. Tuttora lo penso: ci sono mali molto peggiori, non posso e non voglio lamentarmi. L’abbiamo presa tutti senza drammi: io avrei fatto ciò che c’era da fare, e la mia famiglia, partendo da mia moglie, fino ai miei genitori ed ai miei suoceri, mi avrebbe supportato ed aiutato in questo. Ho la fortuna di avere delle persone davvero speciali intorno a me!
Ti sei mai sentito “diverso”? Hai mai percepito dei pregiudizi verso la malattia, in ambito sportivo e non?
Mi sento diverso ogni volta che mangio, ma è una cosa mia. Fortunatamente non ho mai incontrato nessuno che abbia mostrato pregiudizi nei miei confronti, a causa della mia malattia. Semmai, ciò che riscontro, è una diffusa ignoranza in materia di diabete: mi è capitato spesso di trovarmi a spiegare cosa sia di preciso il diabete di tipo 1, e in cosa differisca dal tipo 2. Quando parlo delle mie sfide quotidiane, in genere, ciò che percepisco nei miei interlocutori è curiosità e stima sincera che nascono, probabilmente, dalla sorpresa di scoprire che il diabete è molto più complesso di quanto mediamente si pensi.
Pensi che il diabete ti abbia portato a una maggiore attenzione allo stile di vita?
Direi proprio di sì. Da quando ho il diabete tipo 1, come detto, sono diventato prima uno sportivo, e poi un atleta. Inoltre, c’è un termine che a noi diabetici piace davvero tanto, perché è un modo positivo di definire e riassumere tutte le forzature a cui il diabete ci costringe: consapevolezza. Essa si concretizza in tanti gesti quotidiani, piccoli e grandi: · leggere le etichette con i valori nutrizionali degli alimenti che acquistiamo e mangiamo (laddove possibile, ovviamente); · cercare di bilanciare i nutrienti durante i pasti per ridurre il picco glicemico; · comprendere l’importanza della cura della propria salute fisica e mentale, viaggiando in equilibrio tra ciò che ci piace e ciò che ci fa stare bene, e così via. Le nostre giornate sono piene di pensieri, ragionamenti e calcoli, che una persona normoglicemica non può neanche immaginare, per sua fortuna!
Com’è il tuo rapporto con il tuo team di cura?
Quando gestivo il diabete con terapia multi iniettiva e glucometro con misurazione capillare, il rapporto con il diabetologo era minimo: ci vedevamo solo alle visite di controllo semestrali anche perché, per fortuna, i miei valori erano buoni. Quando, poi, sono passato a strumenti di gestione più tecnologici e complessi, come il sensore e, soprattutto, il microinfusore, i contatti con la diabetologia si sono notevolmente intensificati. È normale, ed è giusto che sia così, perché la tecnologia, da sola, non basta. È come avere a disposizione una macchina ma non saper guidare: o si resta fermi, o si va a sbattere! Per questo dico che tutti, in Italia, dovrebbero avere accesso ai più avanzati strumenti per la gestione del diabete, senza discriminazioni territoriali! Contestualmente, però, è necessario fornire un adeguato supporto tecnico e ovviamente – come sempre – anche psicologico. Nel mio caso, il supporto non mi manca. Ho incontrato persone estremamente disponibili.
Per fare sport con costanza occorre essere motivati, ma non pensi sia vero anche il contrario, ovvero che lo sport motivi a gestire meglio la propria condizione?
E’ verissimo. Molti mi domandano da dove arrivi la mia motivazione per alzarmi la mattina alle 5 ed andare a correre. Non sono masochista. Se lo faccio, è perché ne traggo dei benefici che compensano il sacrificio. Correre mi aiuta a gestire meglio la glicemia, e già questa potrebbe essere una motivazione determinante. Aggiungo, che quando si arriva a un certo livello di “carico”, tornare indietro sarebbe inaccettabile, perché si getterebbero al vento anni di dedizione e sudore. Altro elemento: la competizione. Ogni gara è un percorso che può iniziare giorni, settimane o, addirittura, mesi prima. Ogni allenamento, ogni pasto e ogni riposo è calibrato e finalizzato ad ottimizzare il risultato di quella gara. La glicemia non può che trarre giovamento da un contesto come questo. In pratica ci si prende cura del diabete indirettamente, lavorando sullo stato di forma in generale. Lo sport è uno stile di vita che tutti, diabete o no, dovrebbero provare a fare proprio. Saremmo tutti più rilassati, più appagati e più sani, e magari graveremmo di meno sulla sanità pubblica… no??
Come gestisci ogni giorno al meglio il tuo diabete tipo 1? Che tecnologia usi? Chi te l’ha consigliata?
Al momento, utilizzo il sensore DexcomG6 per il monitoraggio continuo della glicemia, e il microinfusore AccuChek Solo della Roche. Sono due strumenti eccezionali, che mi hanno reso la vita molto più semplice, e mi hanno permesso di fare cose che altrimenti non so se sarei riuscito a fare (ad esempio, correre gare su lunghe distanze senza temere brutte sorprese dalla glicemia). Il sensore DexcomG6 lo utilizzo ormai da qualche anno, e l’ho fortemente voluto dopo essermi informato sugli enormi vantaggi che mi avrebbe garantito, rispetto al sensore che usavo in precedenza. Su tutti, il fatto di avere gli allarmi che avvisano quando la glicemia esce dall’intervallo di riferimento impostato. Anche la scelta dell’AccuChek Solo è frutto di un’accurata ricerca: volevo un microinfusore piccolo e senza tubicino, perché temevo che mi avrebbe dato fastidio sia per correre, che per giocare con i miei figli!
È stato facile l’impatto con la tecnologia? Hai cambiato diversi device, con quali vantaggi? Quali consigli daresti?
Faccio una premessa: la tecnologia ci semplifica la vita e ci aiuta a gestire meglio la glicemia, ma ci deve essere una volontà di base nel voler raggiungere determinati risultati. Senza quella disponibilità al sacrificio e la consapevolezza che, comunque, la nostra vita non sarà mai una vita normale, non c’è strumento che sia sufficientemente efficace!
Detto ciò, il consiglio che mi sento di dare è di informarsi a lungo prima di decidere a quale strumento tecnologico affidarsi. Bisogna avere anche la fortuna di avere una sanità regionale disposta ad accontentarci, in termini di device. Ma questo è un altro discorso…
Personalmente, come detto sopra, ho sostituito il sensore per avere gli avvisi di glicemia bassa o alta. Ho inoltre deciso di passare al microinfusore sia per questioni di praticità (farsi le iniezioni è cosa scomoda, soprattutto in inverno, quando si è tutti bardati), sia per avere la flessibilità di poter modulare l’erogazione di insulina basale a seconda del periodo, o addirittura del momento della giornata.
Raccontaci una tua giornata tipo tra sport, lavoro e gestione del diabete
La mia giornata tipo inizia molto presto: la sveglia suona alle 5, e alle 5.30 sono sotto casa pronto per correre. Alle 6.40 sono di ritorno, doccia veloce e colazione. Nel frattempo si è svegliata anche mia moglie. Prepariamo i bimbi: Andrea, quasi 3 anni, ed Emma, 6 anni. Alle 7.25 esco di casa con Andrea, lo porto all’asilo, e mi dirigo al lavoro. Alle 8.20 sono in ufficio. È chiaro che nei giorni in cui non faccio sport prima di andare a lavorare, la sveglia suona un po’ più tardi, ma questo capita 1 o 2 giorni su 5. Tra la 17.30 e le 18 esco dall’ufficio, e vado a prendere i bimbi dalla nonna. Arrivati a casa, mentre loro si immergono nelle loro attività, io e mia moglie (sperando che nel frattempo sia già tornata!) ci occupiamo della cena e delle varie faccende di casa. In genere, una volta a settimana, vado a correre alla pista di atletica dopo il lavoro. In questo caso chiedo ai nonni di fare gli straordinari con i loro adorati nipotini! Entro le 22 portiamo i bambini a letto, dopodiché io preparo tutte le mie cose per il giorno successivo: i vestiti per andare a lavorare, quelli per andare a correre, il pranzo e gli snack vari. Infine, apparecchio la tavola per la colazione e poi, finalmente, sfinito, vado a letto anche io!
Tra tutti questi impegni, riesci anche a ricavarti del tempo libero? Quanto il diabete tipo 1 ti condiziona la vita?
La mia giornata tipo non prevede granché per il tempo libero. C’è da dire che, in realtà, il mio tempo libero è quello che dedico allo sport. Di guardare la televisione non se ne parla, salvo qualche rara eccezione la sera, dopo aver addormentato i pargoli, fintanto che le mie palpebre reggono. Mi piacerebbe leggere di più, ma non è semplice. Mi piacerebbe anche ricominciare a suonare, ma per ora non è la priorità. In passato la musica era la mia attività preponderante, dopo il lavoro. Suonavo la batteria con diversi gruppi, ma il diabete mi ha portato ad optare per un hobby più funzionale alla salute. Il diabete tipo 1 ha innegabilmente condizionato la mia routine quotidiana, oltre che il mio tempo libero: ho l’ossessione della pianificazione. Ogni sera, prima di addormentarmi, devo aver deciso cosa mangiare a colazione, pranzo, cena e snack, se farò sport o no, e se lo farò la mattina o il pomeriggio. Una volta deciso, imposto la giornata preparando tutto, in modo che il giorno seguente debba semplicemente agire, senza dover prendere decisioni dell’ultimo minuto.
A tavola come ti sei organizzato? Qual è la tua alimentazione come sportivo con il diabete tipo 1?
Ammetto di non essere un santo, a tavola. Sono molto goloso, e ho sempre fame. Fosse per me, mangerei di continuo! Ovviamente, il diabete mi costringe a considerare il cibo con razionalità, ma non è semplice perché si sa, gli sportivi hanno un grande appetito!
Anche in questo caso, l’organizzazione è molto importante. Tendo ad concentrare i carboidrati a colazione ed a pranzo, riducendoli a cena e quasi eliminandoli dagli snack. Sia chiaro, non mi privo affatto dei carboidrati, sarei un pazzo! Essi costituiscono la benzina che fa andare le gambe quando corro. Cerco solo di assimilarli con intelligenza, nei momenti della giornata in cui ne ho più bisogno (a colazione, dopo aver corso) ed in cui mi creano meno problemi (a pranzo). A cena ne mangio pochi, per evitare di dover compiere fastidiose correzioni di insulina prima di andare a letto, ed avere una glicemia media più bassa durante la notte.
Andando con ordine, a colazione mangio abbastanza liberamente. Confesso, ad esempio, che sto ancora smaltendo i panettoni avanzati da Natale! Altrimenti, pane e marmellata, pane e crema di nocciole, biscotti secchi, e da bere tè o latte vegetale con caffè d’orzo. A merenda, la mattina mangio una manciata di frutta a guscio (nocciole, mandorle, noci), perché non richiedono insulina e non mi devo preoccupare della glicemia durante il lavoro. Nel pomeriggio di solito non mangio, perché faccio un pranzo abbondante, ma non pesante. Pasta, legumi e verdure, compongono generalmente il mio pranzo. A cena, invece, in genere mangio uova, formaggi magri, legumi, raramente carne, ed accompagno con pane e verdure. Mangio la pizza una volta settimana, e la adoro!! (Chi non la adora??). Di frutta ne mangio, ma senza esagerare. Una banana al giorno, che accorpo alla colazione o al pranzo, oppure fuori pasto se devo compensare un’ipoglicemia. Se c’è spazio, durante la giornata, mangio anche un altro frutto, che in genere è una mela.
Ai genitori con un figlio con diabete tipo 1 quale attività fisica consiglieresti? Si può cominciare a qualsiasi età, secondo te?
Fare sport, secondo me, è un concetto molto ampio, che può includere banalmente anche il giocare al parco o il saltare dentro casa. Fare sport è, prima di tutto, divertirsi muovendo il proprio corpo. Credo che un genitore debba assecondare l’esigenza di movimento del proprio figlio. Sarà poi lui o lei, crescendo, ad indicare quale sia lo sport verso cui intende canalizzare questa energia. A che età? Prima possibile, ma senza forzature.
Non so se ci sia uno sport migliore di un altro, ai fini di una migliore gestione della glicemia. Sulla base della mia esperienza personale, di quanto mi racconta chi pratica sport diversi dal mio, e di ciò che ho letto, durante le attività di endurance come la corsa o la bici, la glicemia è soggetta a minori sbalzi rispetto a sport “misti”, come il calcio, il basket o il tennis, in cui si alternano fasi di corsa lenta, di scatto e di stallo. Dal mio punto di vista, l’importante è fare sport. Dopodiché, ognuno imparerà a gestirsi nel migliore dei modi con l’esperienza e la determinazione.
Parlaci del blog: “Cronache di tipo 1”: quando e come è nata l’idea? Quali finalità vi proponete?
Cronache di tipo 1 è nato nel gennaio del 2020 con il chiaro obiettivo di provare a colmare quel deficit informativo presente nel web, relativamente al diabete di tipo 1. Non siamo diabetologi, e non pubblichiamo articoli scientifici. Siamo Francesca Lovisari, Michela Pilloni ed io. Abbiamo il diabete di tipo 1 e per questo motivo proviamo a mettere a disposizione dei nostri “colleghi” le esperienze che ci troviamo a fronteggiare quotidianamente. Il nostro lettore ideale è quello mosso dalla domanda: “Mi hanno appena diagnosticato il diabete di tipo 1. Ed ora?”. Cerchiamo di rispondere a questa domanda con i nostri articoli, che parlano di argomenti molto pratici, di temi quotidiani: · strumenti (sensori, microinfusori) · attività (sport, viaggi) · burocazia (ad esempio, cosa fare quando ci si trasferisce all’estero, o si cambia regione) · recensione di libri sul diabete e, ovviamente, alimentazione. Non poteva mancare una piccola guida rivolta a chi ha appena ricevuto una diagnosi di diabete di tipo 1.
Il blog è aperto a tutti? Anche altri giovani possono inviare la loro testimonianza? Su quali canali siete?
Oltre ai nostri articoli, ci piace condividere anche materiale prodotto da chi ha una specializzazione, o semplicemente un punto di vista nuovo e diverso dal nostro, quindi la risposta è assolutamente sì! Chi avesse voglia di mettersi in contatto con noi, può scriverci su Instagram o su Facebook!
Grazie Michele, del tuo tempo e del tuo esempio. Buona vita.