Perché monitorare la glicemia: i 3 studi di riferimento

Un buon controllo della glicemia è la chiave per riuscire a convivere bene con il diabete di tipo 2 non trattati con insulina. L’unico modo per giudicare l’efficacia del trattamento antidiabete, sia non farmacologico (dieta e attività fisica) che farmacologico (ipoglicemizzanti) è quello di misurare regolarmente la glicemia.

Fino alla fine degli anni novanta esisteva ancora qualche dubbio da parte degli Esperti sulla reale necessità di un controllo molto rigido della glicemia. Sono stati successivamente pubblicati alcuni studi, tre in particolare di riferimento per il diabete di tipo 2, come lo studio inglese UKPDS, US Prospective Diabetes Study e lo studio Roses e lo Studio Prisma che hanno dimostrato con chiarezza che le persone diabetiche con valori di glicemia, e di conseguenza di emoglobina glicata (HbA1c) più elevati sono maggiormente a rischio di complicanze diabetiche nel lungo periodo.

Lo studio UKPDS

Lo studio UKPDS ha considerato un’ampia casistica di 5.000 diabetici suddivisi in due gruppi: in un gruppo la glicemia veniva controllata in modo rigoroso mentre nell’altro gruppo poteva raggiungere valori anche più elevati della soglia normale. I risultati finali hanno documentato che nel primo gruppo la frequenza di complicanze oculari e di infarto era inferiore, rispettivamente del 25% e del 16% rispetto alle manifestazioni occorse nel secondo gruppo in osservazione.

Gli Autori hanno concluso sottolineando che nella maggior parte delle persone, il diabete di tipo 2, se non ben controllato, peggiora costantemente con il passare del tempo. Lo stesso discorso vale per il controllo della pressione arteriosa e anche in questo senso lo studio UKPDS è di riferimento: un controllo rigoroso della pressione sanguigna rappresenta un vantaggio per i diabetici di tipo 2, in quanto riduce il rischio di malattie cardiache, ictus, disturbi agli occhi e altre complicanze diabetiche.

Lo studio Roses

Un altro studio importante e di riferimento è lo studio ROSES, coordinato da un’equipe del Consorzio Mario Negri Sud, pubblicato nel 2011, una sperimentazione clinica durata 26 settimane, condotta con l’obiettivo di valutare l’efficacia clinica dell’automonitoraggio della glicemia nell’ambito di un programma educativo, rispetto alla cura standard, in persone con diabete di tipo 2 trattati con terapia ipoglicemizzante, che non avevano mai fatto ricorso all’automonitoraggio. Il training educativo prevedeva una serie di incontri trimestrali dove i pazienti imparavano come effettuare l’automonitoraggio, come modificare il proprio stile di vita a partire dalla dieta e dall’attività fisica, in base ai propri livelli di glicemia e, naturalmente come comportarsi in caso i valori rilevati fossero anormali. Il programma prevedeva anche contatti telefonici ogni mese in modo da verificare come ciascun diabetico raggiungesse gli obiettivi della terapia.
Dai risultati dello studio è emerso che il gruppo di pazienti che oltre al programma standard aveva eseguito anche l’automonitoraggio della glicemia è riuscito a migliorare in modo significativo il proprio controllo metabolico sul diabete rispetto al gruppo che seguiva la sola terapia standard senza controllare regolarmente i valori glicemici.

Lo Studio Prisma

A sancire in modo definitivo l’utilità dell’automonitoraggio della glicemia nelle persone diabetiche di tipo 2 non in trattamento con l’insulina, è stato lo studio Prisma, coordinato da Emanuele Bosi dell’Ospedale San Raffaele di Milano. L’ampia indagine ha coinvolto 39 centri e 1.024 diabetici osservati per un anno e istruiti con un programma comune su nutrizione, esercizio fisico, utilità dell’automonitoraggio e farmaci.

Automonitoraggio intensivo strutturato (gruppo 1)
Ad un gruppo era richiesto di fare 4 misurazione della glicemia nell’arco della giornata (mattino, prima di pranzo, 2 ore dopo il pranzo, 5 ore dopo il pranzo ma prima della cena), 3 volte alla settimana, ogni settimana (in pratica 2 giorni lavorativi e 1 del weekend).

Automonitoraggio attivo (gruppo 2)
Nel secondo gruppo veniva effettuato un profilo glicemico in 3 momenti: all’inizio dello studio, a 6 mesi e a 12 mesi (fine dello studio).

Risultati significativi a favore di un controllo regolare e frequente
I risultati dello studio hanno evidenziato una maggiore riduzione dei valori dell’emoglobina glicata nel 1° gruppo rispetto al 2° con una percentuale maggiore di persone diabetiche che raggiungeva una riduzione significativa dal punto di vista clinico dell’emoglobina glicata alla fine dello studio.

Giocare d’anticipo per vivere meglio in futuro

È quindi questo il principale messaggio degli studi citati: abituarsi ad automonitorare e tenere sotto controllo gli zuccheri da subito, quando si ha appena ricevuto la diagnosi di diabete, porta molti benefici prolungati nel corso del tempo. È un investimento per la propria salute futura, anche se non si accusano sintomi apparenti, perché spesso il diabete lavora in modo sotterraneo, subdolo anche in assenza di sintomi. Tenetelo sempre presente quando vi verrà la tentazione di non controllarvi.

Il trattamento non va mai rimandato ma affrontato subito

Controllando regolarmente i livelli di zuccheri nel sangue, la pressione arteriosa, la salute degli occhi, il benessere dei piedi, la salute dei reni e i livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue è possibile rilevare il più precocemente possibile situazioni che vanno trattate prima che possano provocare danni gravi e complicanze irreversibili.

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