Quando nel sangue si accumula troppo glucosio (iperglicemia), le proteine in circolo tendono a “glicarsi”, cioè a legarsi a una molecola di zucchero, in modo relativamente stabile; tra queste anche l’emoglobina (Hb) (in particolare il tipo A o HbA, quello più presente), la proteina contenuta nei globuli rossi che trasporta l’ossigeno ai tessuti ed è responsabile del loro colore rosso (dovuto al ferro contenuto nella molecola).
Maggiore è la percentuale di emoglobina modificata (per questo detta “glicata” o “glicosilata”), più frequenti e gravi sono gli episodi di iperglicemia avvenuti nelle settimane precedenti al test e quindi più scarso è il controllo del diabete.
Una volta che il glucosio si lega all’emoglobina (Hb) di tipo A (la proteina quindi si “glica”), vi rimane per l’intera durata della vita del globulo rosso (circa 120 giorni).
Il nostro organismo di fatto memorizza le tracce che gli zuccheri lasciano.
Maggiore è il livello di zucchero nel sangue, maggiore è la quantità che si lega ai globuli rossi. Misurare la percentuale di emoglobina glicata (HbA1c) in un campione di sangue è quindi importante, in quanto è direttamente proporzionale alla quantità di glucosio con la quale l’emoglobina è venuta in contatto nel corso di un periodo di tempo piuttosto lungo (ultimi 2-3 mesi).
Maggiore è il valore dell’emoglobina glicata, più elevato è il rischio di complicanze diabetiche future.