Per prevenire attacchi di cuore o ictus in pazienti con diabete di tipo 2 e patologie cardiache o cardiovascolari fino a oggi si è cercato di mantenere bassa a tutti i costi la pressione arteriosa ma questo potrebbe aumentare i rischi che si vorrebbero prevenire, secondo una studio dell’Università della Florida. I risultati della ricerca sono stati presentati dalla dottoressa Rhonda Cooper-DeHoff, professore in Farmacia e Medicina presso l’University of Florida, all’annuale congresso dell’American College of Cardiology che si è tenuto ad Atlanta (Stati Uniti).
Secondo i ricercatori la pressione troppo alta è pericolosa ma in questi pazienti anche quella troppo bassa lo è; la dottoressa Cooper-DeHoff ritiene che la pressione sistolica dei pazienti affetti da diabete e malattie coronariche dovrebbe essere portata almeno a 120, considerando i livelli più salutari quelli tra 130 e 140. L’American Heart Association definisce ‘normale’ la pressione sistolica inferiore a 120 e quella diastolica inferiore a 89: fra i malati di diabete – che nel 60% degli adulti hanno la pressione sanguigna alta – se questa supera i 140 aumenta del 50% il rischio di malattie cardiovascolari.
I pazienti diabetici con malattia coronarica studiati però, non hanno tratto vantaggio dall’abbassamento della pressione arteriosa sistolica al di sotto dei 115 in quanto hanno avuto lo stesso aumento del rischio rispetto a quelli che l’hanno mantenuta fra 130 e meno di 140. Lo studio International Verapamil SR-Trandolapril (INVEST) suggerisce che l’intervallo considerato normale per gli americani sani, può in realtà essere rischioso per quelli con una diagnosi combinata di diabete e malattia coronarica.
La dottoressa Cooper-DeHoff ha sottolineato: «I medici hanno sempre seguito le linee guida dell’American Heart Association riguardo la pressione arteriosa, ritenendo che una tendenza verso il basso fosse la scelta migliore per il paziente ma i nostri dati suggeriscono che nei pazienti con diabete e malattia coronarica, vi è una soglia per la pressione sanguigna al di sotto della quale aumenta il rischio cardiovascolare».
Fonte: 16 marzo 2010, lastampa.it