Il diabete tipo 1 troppo spesso non viene diagnosticato se non in età adulta

Il diabete tipo 1 troppo spesso non viene diagnosticato se non in età adulta

Quasi il 40% degli adulti con diabete di tipo 1 non viene diagnosticato se non dopo i 30 anni di età e con maggiore frequenza negli uomini. Il dato emerge da uno studio condotto a Baltimora, Maryland, USA, su 947 adulti con diabete tipo 1 e pubblicato sulla rivista scientifica Annals of Internal Medicine nel settembre 2023.

“Il diabete di tipo 1 insorto in età adulta è spesso erroneamente diagnosticato come diabete di tipo 2, con conseguenti cure inappropriate”, scrivono Michael Fang, PhD, MHS e colleghi nello studio. “Dati emergenti suggeriscono che fino al 62% dei casi di diabete di tipo 1 si sviluppa dopo i 20 anni”.

Il diabete di tipo 1 può spesso essere difficile da distinguere dal diabete di tipo 2 a causa della presenza di sintomi lievi, spiegano i ricercatori. Tuttavia, hanno sottolineato che gli studi sinora condotti sono stati svolti solo su popolazioni cliniche selezionate.

Chiarire il peso del diabete di tipo 1 dell’adulto nella popolazione generale può aiutare a ridurre le diagnosi errate.

Gli Autori hanno analizzato i dati del National Health Interview Survey raccolti dal 2016 al 2022. L’analisi si è concentrata su una campione di 947 adulti con diabete di tipo 1, che rappresentano circa 1,3 milioni di adulti negli Stati Uniti.

Complessivamente, è emerso che al 37% degli adulti è stato diagnosticato il diabete di tipo 1 dopo i 30 anni di età. L’età mediana alla diagnosi nell’intera popolazione dello studio era di 24 anni.

Inoltre, il diabete di tipo 1 è stato diagnosticato più tardi per gli uomini rispetto alle donne (età mediana, 27 anni contro 22) e per gli adulti provenienti da contesti razziali ed etnici diversi rispetto agli adulti bianchi non ispanici (età mediana, 26-30 anni contro 21).

“I test degli autoanticorpi e del C-peptide sono raccomandati per la diagnosi negli adulti in cui si sospetta la presenza di diabete di tipo 1”, scrivono i ricercatori. “Tuttavia, il modo migliore per identificare gli adulti ad alto rischio rimane a tutt’oggi poco chiaro”.

Fang e colleghi hanno riconosciuto diversi limiti dello studio. Ad esempio, è possibile che vi siano stati errori di classificazione dovuti all’autodichiarazione del tipo di diabete e dell’età alla diagnosi, e le informazioni sulle misure diagnostiche chiave non erano incluse nel sondaggio.

“Gli strumenti che integrano misure cliniche e biomarcatori potranno migliorare l’accuratezza della diagnosi per questi pazienti”, hanno concluso i ricercatori.

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