La ricerca sul diabete di tipo 1 al Centro di Eccellenza Romeo ed Enrica Invernizzi

La ricerca sul diabete di tipo 1 al Centro di Eccellenza Romeo ed Enrica Invernizzi

Intervista al Direttore del Centro, prof. Paolo Fiorina, Professore associato di Endocrinologia, Università Statale di Milano, Direttore UOS Diabetologia, Ospedale Fatebenefratelli di Milano, Direttore T1D International Center**, Invernizzi Research Center, Sacco Hospital, Milan, Assistant Professor of Pediatrics, Harvard Medical School, Boston, MA, USA, Associate Scientist, Boston Children’s Hospital, Boston, MA, USA. Da poco eletto Presidente della Società Italiana di Diabetologia (SID) della Lombardia.

**Centro di Ricerca Pediatrica Romeo ed Enrica Invernizzi
Ospedale “L. Sacco” – Padiglione 62, 1° piano – Via Giovanni Battista Grassi, 74, 20157 Milano
www.crcpediatrico.org

Prof. Fiorina, com’è cambiato lo scenario della diabetologia in Lombardia?

R. “Lo scenario della diabetologia è effettivamente cambiato molto negli ultimi mesi, per una sorta di cambio generazionale di diabetologi che ha generato una riorganizzazione dei Centri diabetologici, lombardi e milanesi. In particolare, nel nostro caso, abbiamo creato – con il sostegno della Regione Lombardia – un polo di riferimento, per il Diabete Regionale che comprende quattro Ospedali: il Buzzi dei bambini, la Macedonio Melloni, il Fatebenefratelli e il polo Universitario Sacco via Alba (ASST-fbf-Sacco) che ha il desiderio e l’ambizione di diventare un vero e proprio Hub per la gestione del diabete in tutte le sue forme (diabete tipo 1, diabete tipo 2, LADA, MODY e altre) e declinazioni: dalla gravidanza (diabete gestazionale), alla fase pediatrica infantile e adolescenziale, fino all’adulto e all’anziano.

Com’è strutturato il team di medici e professionisti? Qual è l’afflusso di pazienti?

R. “Abbiamo un team diabetologico che tra parte pediatrica e parte dell’adulto/anziano supera le venti (20) unità di medici, quattordici (14) ricercatori, contiamo su una ventina (20) infermieri, tutti al servizio del paziente con diabete, oltre a una distribuzione geografica che sostanzialmente copre quasi tutta la città.
Il bacino di utenza è in continua crescita; abbiamo più di diecimila (10.000), quasi dodicimila (12.000) pazienti con diabete reclutati e seguiti nei nostri centri.”

“Casa Diabete”: ne ha parlato in un recente evento all’Ospedale Buzzi rivolto ai cittadini. Può dirci qualcosa in merito?

R.Casa Diabete” è un po’ la prosecuzione dell’idea precedente ovvero creare a Milano un vero e proprio punto di accoglienza per tutti i pazienti che sono affetti da diabete e che vogliano essere seguiti in maniera globale, quindi che vogliano poter discutere con noi ed affrontare le tematiche di nuove terapie, di nuove tecnologie per il monitoraggio della malattia, approcci futuri calati nella realtà di ciascun paziente, dalle staminali all’immunoterapia e che possano essere seguiti per la prevenzione delle complicanze con l’obiettivo di migliorarne la qualità della vita.”

Il Centro per la Ricerca Pediatrica “Romeo ed Enrica Invernizzi” ha di recente compiuto due anni. Perché è importante avere un Centro di Ricerca di respiro Internazionale?

R. “Il Centro Invernizzi, sostenuto dalla Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi ha come ambizione principale quella di dedicarsi alla prevenzione e alla cura di malattie pediatriche, in particolare del diabete di tipo 1. Perché è stato importante creare questo Centro? Perché rappresenta il primum movens per poter avviare tutto il progetto di Casa Diabete e di Hub della diabetologia regionale lombarda. Avere un Centro di respiro internazionale ci consente di andare al di là di quello che è la semplice routine clinica. Nel Centro, abbiamo oggi circa una quindicina di progetti che vanno dalla genetica del diabete alla nefropatia diabetica, al monitoraggio delle complicanze, alla detection ovvero alla scoperta di marcatori di malattia precoce, alla possibilità di sviluppare un’immunizzazione e via dicendo. Quindi, in sostanza, abbiamo una serie di linee di ricerca che ci consentono veramente di avviare un progetto di ampio respiro che sia al di là della comunque importantissima gestione quotidiana del diabete, pensando anche al domani. Oltre alle esigenze di oggi – gestiamo i pazienti con il diabete, ne preveniamo le complicanze, ne miglioriamo il compenso glico-metabolico – immaginiamo come possa essere la cura del diabete nei prossimi anni, puntando a creare nuove terapie, nuovi diagnostici e via dicendo, con uno sguardo lungimirante.”

Concentriamoci sulla ricerca sul diabete di tipo 1?

R. “Come noto, il diabete mellito di tipo 1 è una malattia autoimmune che colpisce principalmente bambini e adolescenti ma anche adulti. In questo caso, il sistema immunitario distrugge le betacellule del pancreas endocrino, responsabili della produzione e secrezione di insulina che regola i livelli di glucosio nel sangue.”
Nelle nostre linee di ricerca, il diabete di tipo 1 la fa da padrone, nel senso che è proprio al centro dei nostri programmi e quindi immaginiamo soprattutto una serie di approcci terapeutici innovativi per la cura della malattia.
Io e il mio team ci occupiamo di ricerca sul diabete di tipo 1 da diversi anni, full time dal lontano 1997-1998, quando mi sono specializzato, quindi sono quasi vent’anni ma già nei quattro-cinque anni di specializzazione mi occupavo di immunologia applicata al diabete.”

“Con un’esperienza alle spalle di dodici-tredici anni di ricerca americana, abbiamo avviato una serie di programmi competitivi e di alto livello e mi permetto di dire questo perché la controprova sono i risultati che siamo ottenendo, non solo in termini di pubblicazioni sulle massime riviste internazionali, tutte riviste top sulle quali è molto difficile pubblicare soprattutto da questa parte dell’Oceano, ma anche per la consuetudine con cui otteniamo finanziamenti standard, intendo pubblici – abbiamo appena vinto un finanziamento del Ministero della Salute, la cosiddetta ricerca finalizzata che per tre anni finanzierà un progetto che riguarda trapianti, rigetto, diabete e via dicendo ma anche – dicevo – con la consuetudine con cui riusciamo a creare dei rapporti fruttuosi con le aziende biotech. Abbiamo di recente fondato due società biotech importanti, Enthera e Altheia che hanno l’ambizione di portare in clinica dei therapeutics.”

Il progetto ImmunoStem come si inserisce in questo panorama: di cosa si tratta? Quali sono i vantaggi di questo approccio? Quando potrebbe essere disponibile nell’uomo questa terapia genica?

R. “ImmunoStem rappresenta uno dei progetti che mi sta più a cuore. Si tratta di un’altra linea di ricerca sulla creazione di cellule staminali immunoregolatorie; con questo progetto ci proponiamo sostanzialmente di modulare le cellule staminali con una terapia genica per renderle “super-anti-infiammarorie” e poterle così utilizzare per la prevenzione e la cura del diabete di tipo 1.
Una Company che ho costituito insieme all’ematologa pediatrica Alessandra Biffi e che si chiama Altheia Science, ha raccolto dieci milioni di dollari da investire per la ricerca di una cura del diabete di tipo 1. (Per approfondire à http://bit.ly/2rj9xXb).”
“Il progetto che c’è alla base è un paper che abbiamo pubblicato su Science Translational Medicine dove descriviamo come siamo riusciti a manipolare cellule staminali ematopoietiche e le abbiamo rese “superantinfiammatorie”. L’idea che adesso stiamo percorrendo è quella di andare ad applicare le nostre scoperte in clinica. Ci siamo rivolti al capitale privato e devo dire che la risposta è stata davvero eccezionale e molto più veloce di quanto mi aspettassi, confermando la qualità della nostra ricerca scientifica. Abbiamo aperto la raccolta a luglio 2018 e in poco più di 3-4 mesi abbiamo già raccolto dieci milioni di dollari. Questo capitale ci consentirà di avere la certezza che faremo uno studio clinico (clinical trial previsto per il 2021) quindi faremo una sperimentazione clinica con l’uso di ImmunoStem nei pazienti con diabete di tipo 1. Cominceremo con dei giovani adulti, quindi non con bambini, pazienti con più di sedici anni affetti da diabete di tipo 1 nei quali preleveremo in modo mirato dal plasma (aferesi) le cellule ematopoietiche C34, le sottoporremo a un processo ex vivo di manipolazione genica, creando appunto queste cellule super-anti-infiammatorie. Dopodiché, verranno iniettate nei pazienti, soprattutto nei pazienti con una recente diagnosi di malattia e che mostrano ancora un po’ di funzione beta-cellulare, cercando di mandare in remissione la malattia. Quindi lo scopo è proprio quello di puntare su una cura del diabete di tipo 1, in questo tipo di pazienti.”

“L’approccio è un approccio importante, basato – appunto – sulla terapia genica. Se dovessimo avere successo e in qualche modo bloccare la risposta immunitaria e impedire il progressivo failure delle beta-cellule del pancreas sarebbe un grosso achievement e saremmo in grado di bloccare la progressione delle complicanze del diabete e quindi liberare i pazienti dalla terapia con insulina che – lo ribadisco – visto le polemiche che ci sono state nei mesi scorsi, rimane ad oggi la terapia d’elezione – insostituibile – per il diabete di tipo 1. L’insulina, al momento, rappresenta la vita per i pazienti con il diabete di tipo 1.”

Ci parlava anche di altri approcci di ricerca…

R. ““È vero, insieme ad altri collaboratori, stiamo immaginando di utilizzare una proteina nuova, che abbiamo identificato essere espressa in eccesso nei pazienti con diabete di tipo 1. L’idea di partenza è quella di utilizzarla come immunizzazione quindi come una sorta di vaccino. Questo è il cosiddetto progetto Novitas.”
“Stiamo anche lavorando sull’identificazione di una serie di beta-tossine, ovvero di fattori circolanti periferici che “intossicano”, che danneggiano le beta-cellule del pancreas. Ne abbiamo già identificati diversi, almeno due, e quello a cui stiamo puntando è identificare farmaci in grado di bloccare queste betatossine che – probabilmente – non sono l’unica causa di diabete – ma potrebbero avere un ruolo importante nel mantenere, o nel facilitare o nell’innescare il danno beta-cellulare e quindi da questo punto di vista ci aspettiamo molto.”

Ci sono dei progetti aperti in cui ricercate dei volontari?

R. “Molti dei progetti descritti richiedono la presenza di volontari sani, pazienti affetti da diabete di tipo 1 e loro familiari. Abbiamo uno studio molto interessante sulla luna di miele, quindi invitiamo tutti coloro i quali abbiano una luna di miele in corso a contattarci, qualsiasi sia l’età perché abbiamo scoperto un aspetto molto importante della fisiopatologia della luna di miele e da questo punto di vista stiamo cercando sia volontari sani e con diabete di tipo 1, dai quali prelevare campioni sia familiari di soggetti con diabete, ai quali prelevare il sangue e raccogliere le urine in modo da incrementare la casistica delle nostre ricerche.” Per candidarsi è possibile contattare il Centro di ricerca Invernizzi ai seguente numero 02-50319819, Lunedì–Venerdì | 9.00 – 18.00.

È possibile sostenere la vostra ricerca?

R. “È possibile sicuramente sostenere la nostra ricerca scientifica non solo – appunto – proponendosi come volontari sani o come pazienti con diabete di tipo 1 e/o familiari ma anche con una donazione. Siamo alla costante ricerca di fondi, in maniera molto limpida perché più fondi ci sono, più possiamo sviluppare ricerche. Gli eventuali donatori possono stare tranquilli e guardare il nostro curriculum e le nostre pubblicazioni online vedendo benissimo quello che facciamo: è con orgoglio che posso affermare che quest’anno abbiamo pubblicato oltre dodici (12) ricerche, dodici pubblicazioni, questo a indicare che sappiamo come utilizzare le risorse economiche che ci arrivano dalle donazioni e sappiamo come trasformare ogni euro in una ricerca di rilievo che abbia un impatto per la malattia diabetica.”

Per chi volesse fare una donazione, maggiori informazioni si trovano qui:

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PD-L1 genetic overexpression or pharmacological restoration in hematopoietic stem and progenitor cells reverses autoimmune diabetes. Ben Nasr M, Fiorina P, et al – Science Translational Medicine 2017 Nov 15;9(416)

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