Chi è Matteo Porru? Che bambino è stato?
“Ho imparato da subito che la vita mi avrebbe dato del filo da torcere e da tessere. Matteo è un bambino che ha lottato tanto, che ha sofferto tanto ma che dal quel dolore, da quella situazione di profonda crisi, di profondo malessere ha trovato un modo bellissimo per vivere la vita. Appunto viverla senza lasciarci condizionare da mille paranoie che magari non ci toccheranno mai. È vero c’è il peso di vivere che non si può certo sottovalutare ma c’è anche una profonda serenità di essere qui, grato per tutto quello che arriva. Forse, per rispondere alla domanda.”
“Il bambino Matteo ha imparato ad amare la vita, che è forse l’insegnamento più grande che mi porto dietro dall’infanzia che non è stata semplice”.
“Scrivo e parlo. E intanto vivo” Che cosa rappresenta per te la scrittura?
“La scrittura è nata come uno sfogo e come uno svago per me. Nel senso che ero sostanzialmente imprigionato dentro a una vita che dettava condizioni e mi controllava, una vita molto “schematica”, impostata, scandita da determinati momenti, non si poteva uscire. Era una vita che mi limitava, mi limitava molto. Mi sentivo senza “margini di manovra”, sostanzialmente impotente; ed ecco che per trovare quella potenza che mi mancava, per esercitarla ho iniziato a scrivere”.
“Davanti a un foglio bianco tu sei Dio, puoi fare quello che vuoi, puoi creare qualunque dimensione, qualunque situazione. E quella onnipotenza a me è servita”.
“In una vita che mi controllava la vita, ero io su un foglio a controllare quello che volevo: le vite degli altri, il modo in cui si univano, si disunivano, si separavano, si incontravano, si scontravano … c’è tutto un bellissimo incrocio di movimenti nelle vite degli altri e nelle nostre. Io dico sempre che chi scrive non inventa mai ma rielabora. La scrittura è una grande rielaborazione delle esperienze che viviamo, delle cose che ci interessano, delle cose che ci fanno paura o ci allontanano da qualcosa. È interessante per me indagare tutte queste sfumature, notare i particolari, i dettagli, io ci sto sempre molto attento ai dettagli”.
“E così la scrittura è diventata un modo per raccontarmi, raccontare alle persone come io vedevo le cose, come vedevo il mondo. Pian piano è diventato un “hobby” abbastanza sostenuto perché il primo contratto l’ho firmato a quindici anni e da lì è partito un percorso bellissimo. Oggi, dopo anni in cui ho fatto di tutto perché diventasse la mia vita, intendo facendo di tutto anche in termini di prospettive future, facendo di tutto per potermi permettere di scrivere, qualunque cosa ma di scrivere e dopo anni di duri sforzi – che continuo a fare anche oggi – il mio obiettivo rimane quello e pian piano lo sto realizzando. Io nella vita voglio scrivere e la scrittura – adesso – sta iniziando seriamente a diventare la mia vita.
La scrittura, quindi, è terapeutica per te?
“La scrittura è terapeutica, quando hai un dolore, per quanto grande sia, per quanto forte sia se riesci a metterlo su un foglio bianco, perdi chili, perdi tonnellate di ansia e di paure, perché il foglio ti ascolta. Il foglio ti offre un grande vantaggio: parla solo quando gli hai raccontato tutto, il foglio bianco sta zitto e ti ascolta. È un rapporto intimo, non deve mai a mio avviso allontanarsi dall’aspetto di intimità anche quando diventa un lavoro come oggi lo è per me. Non deve essere mai qualcosa di impostato, non scrivi per guadagnare, scrivi per scrivere e c’è una parte di intimità da cui tu non ti puoi separare, non ti devi separare se vuoi essere fedele a quello che scrivi, a quello che senti … ed è stata per me terapia, terapia proprio perché mi ha letteralmente salvato. Io l’ho detto più volte nel corso degli anni, mi ha salvato la scrittura, mi ha salvato quel modo di capire la realtà, quel modo di leggerla, di interpretarla o di tentare di interpretarla ma mi ha salvato quindi SI, è terapeutica, per me lo sa essere molto bene”.