Matteo Porru, un incontro con una persona speciale, un enfant prodige. Appena lo conosci, ti colpiscono gli occhi scintillanti, vivacissimi ma anche la palpabile energia in fuga, alla continua ricerca di un equilibrio dinamico per stare al meglio con se stesso. Si intuisce, chiacchierando con lui, il lungo logorio a confrontarsi con la malattia senza esserne sopraffatto, capacità che – grazie alla scrittura – che ne ha forgiato il carattere e l’approccio alla vita e agli altri. La malattia non è una colpa, non la si sceglie, ti stravolge la vita ma la si può affrontare senza esserne schiacciati con un profondo lavoro su se stessi, per riconoscere, affinare e affilare le grandi abilità che abbiamo dentro di noi, che possono aiutarci a lottare e a far fronte in maniera più efficace alle difficoltà, consentendoci anche di seguire e coronare i nostri sogni, anche quelli in apparenza più irraggiungibili.
Scriveva Kahlil Gibrian nel suo libro Il Profeta: “Quanto più in fondo vi scava il dolore, tanta più gioia voi potrete contenere.
La coppa che contiene il vostro vino non è la stessa bruciata del vasaio?
E non è forse il liuto che accarezza il vostro spirito, il legno svuotato dal coltello?
Quando siete contenti, guardate in fondo al cuore e saprete che ieri avete sofferto per quello che oggi vi rende felici”.
Nato a Roma nel 2001 da madre veneziana e padre cagliaritano, Matteo Porru divide la sua vita in queste tre città, pur viaggiando molto in Italia ed Europa. Sin da giovanissimo, manifesta un innato talento e una grande inclinazione per la scrittura. Nella sua giovane carriera di scrittore ha già pubblicato numerosi romanzi e racconti che gli hanno valso diversi premi. Il diabete tipo 1 è comparso bruscamente nel gennaio 2013, nella vita di un dodicenne già provato da precedenti malattie, anche più impegnative. In questa intervista, il racconto refratto della sua esperienza.