Teleassistenza ai tempi del Covid19: qual è il punto di vista di cittadini e professionisti della salute?

Teleassistenza Sanitaria ai Tempi del Covid-19 - Diabete.com

A cura dell’AUSL Romagna

La teleassistenza ha avuto un grande sviluppo durante la pandemia da Covid19: l’innovazione tecnologica può certamente contribuire a una riorganizzazione dell’Assistenza Sanitaria ma in termini di integrazione e non certo di sostituzione della visita in presenza. Inoltre, prima di poterla applicare in modo sistematico e strutturato, è necessario individuare la popolazione di pazienti che può essere avviata a percorsi da remoto.

Per questo l’AUSL Romagna, una delle Aziende Sanitarie più grandi d’Italia ha avviato la prima Survey sulla teleassistenza andando ad indagare il parere sia dei cittadini che dei vari professionisti della salute.

Teleassistenza da remoto: per i pazienti è sì, per gli specialisti è ‘nì’

I pazienti promuovono l’assistenza da remoto erogata durante la pandemia da Covid19 e chiedono che non si torni indietro quando l’emergenza sarà finita, si spera presto. Un giudizio condiviso anche dagli specialisti, ma con alcune riserve  legate all’intensità di cura e alle fasi di gestione delle diverse patologie, in rapporto al singolo paziente: per i professionisti della salute, infatti, uno dei punti fermi da cui partire per ridisegnare l’assistenza sanitaria, in un’ottica di capillarità e continuità terapeutica, è senz’altro l’implementazione della teleassistenza, ma come integrazione alle visite in presenza, e non come approccio sostitutivo.

L’indagine dell’AUSL Romagna sulla teleassistenza ai tempi della pandemia

È quanto emerge dalla ricerca La teleassistenza ai tempi del Covid19: il punto di vista dei cittadini e dei professionisti” realizzata dall’Unità Operativa Qualità e Governo Clinico dell’AUSL Romagna – una delle Aziende Sanitarie più grandi d’Italia, che copre 5.100 chilometri quadrati di territorio con 1.300.000 utenti e oltre 15mila dipendenti – in collaborazione con il Servizio Innovazione Sociale dell’ASSR dell’Emilia-Romagna, che ha fotografato lo spaccato dell’offerta di assistenza sanitaria della Regione tra luglio e ottobre 2020.

Circa 3 pazienti su 4 (il 74%) su un totale di 953 persone afferenti ai servizi di Diabetologia, Pediatria, Neurologia e Oncologia, hanno valutato con giudizio “ottimo” o “buono” i servizi di teleassistenza erogati dal SSR, che, per il 57% degli intervistati, si sono rivelati validi al pari delle visite in presenza. Inoltre, il 63% dei pazienti si è detto favorevole a continuare a utilizzare questi servizi anche in futuro.

D’altro canto, molti degli specialisti coinvolti nell’indagine hanno ritenuto di sottolineare che la teleassistenza non può essere considerata alla stregua delle visite in presenza: pertanto, la decisione di offrire un servizio da remoto dovrà essere valutata caso per caso, sulla base della specifica tipologia di paziente, percorso terapeutico e assistenza o trattamento necessari. Un’esigenza, quella dell’apprezzamento in concreto da parte del professionista della salute, circa l’opportunità della visita a distanza, che risulta percepita come essenziale, trasversalmente e senza rilevanti distinzioni, fra tutte le specialistiche coinvolte nell’indagine.

Mantenere vivo il rapporto consolidato tra medico e paziente

Dal punto di vista qualitativo, emerge un dato d’interesse riguardo al grado di coinvolgimento dei pazienti attraverso i servizi offerti a distanza: per la quasi totalità dei partecipanti, attraverso l’utilizzo della telemedicina è stato possibile tenere saldo il rapporto tra specialista e paziente.

D’altro canto, il contatto periodico con i propri assistiti ha consentito agli specialisti di restare loro ‘vicini’ e di rassicurarli, contrastando il senso di solitudine e di smarrimento, soprattutto negli anziani.
In altre parole, in un momento in cui prossimità e vicinanza erano di fatto impossibili, la teleassistenza ha sicuramente rappresentato lo strumento attraverso cui colmare il gap di continuità terapeutica determinato dall’emergenza, e si è rivelata fondamentale anche nell’educazione terapeutica del paziente, altro elemento ritenuto valido anche al di là della congiuntura pandemica.

“L’indagine che abbiamo condotto ci ha confermato che i tempi sono maturi per un cambiamento cruciale: la teleassistenza può divenire una modalità strutturale di presa in carico da parte del SSN”, commenta Mattia Altini, Direttore Sanitario della azienda Romagnola.

Come sottolinea Nunzia BoccafornoDirettore UO Qualità e Governo clinico, la teleassistenza “deve, però, essere modulata a cura dei professionisti della salute, sulla base delle specifiche esigenze assistenziali e terapeutiche che si fondano sulla condizione precipua di ciascun paziente. Dobbiamo, quindi, capire quali sono le caratteristiche del paziente appropriate per questo approccio assistenziale. Queste potranno essere concretamente valutate solo da parte di ciascuno specialista e in relazione al singolo paziente”.

“Da questo punto di vista, il Covid-19 è stato semplicemente un catalizzatore del processo, ma anche della nostra capacità di osservazione e valutazione del fenomeno, più che mai nell’ambito delle cronicità, che hanno pagato il prezzo più alto e che non a caso abbiamo individuato come terreno d’elezione per la nostra indagine. I risultati della survey ci dicono che abbiamo bisogno di investimenti senz’altro in digitalizzazione, ma anche nella formazione del personale sanitario coinvolto in queste attività, affinché sia possibile conciliare una riforma del Servizio Sanitario in chiave di sostenibilità e di prossimità, ma anche di efficacia, in termini di performance e di ritorno di salute per i cittadini” precisa Tiziano Carradori, Direttore Generale AUSL della Romagna.

Reference

Potrebbero interessarti