Troppo zucchero è pericoloso per la salute

50 grammi per gli uomini, pari a otto cucchiaini, 40 grammi per le donne e ancor meno per i bambini: questi i quantitativi massimi di zucchero che la Sid (Società Italiana di Diabetologia) raccomanda di non superare giornalmente, pena danni alla salute provocati da scompensi dei trigliceridi e dell’insulino-resistenza, complicanze del diabete e fattori di rischio cardiovascolare.
Gabriele Riccardi, presidente della Sid, spiega: «Lo zucchero si trova nei carboidrati, nel pane bianco più che in quello integrale; questi prodotti da forno hanno lo stesso impatto sulla glicemia tuttavia, dopo un anno di uso di prodotti integrali, si nota che si riduce il colesterolo, si ottimizza il valore dei trigliceridi, si può ridurre il peso e migliorare la sensibilità insulinica. I prodotti con farine raffinate non producono gli stessi effetti. Ma è piuttosto il consumo di soft drink a far sballare più facilmente i conti sul fabbisogno giornaliero, perché bere una bibita zuccherata prima dei pasti dà un senso di sazietà pari a zero e pertanto non frena l’appetito. Una lattina del consueto formato da 330 ml contiene mediamente dai 27 ai 33 grammi di zucchero; se la si beve due volte alla settimana è possibile compensarla ma con due lattine al giorno si è fuori quota massima. Per i giovani italiani si stima un consumo medio di tre bevande alla settimana, un giorno sì e uno no, mentre i loro coetanei americani, con un consumo medio di una lattina al giorno, hanno già le tipiche conseguenze dell’obesità infantile. A lungo termine, il surplus di zuccheri aggiunti ha un effetto bomba, tuttavia questo discorso non vale per le bibite light o zero; queste, secondo studi preliminari sui giovani, sembrerebbe tuttavia che possano riverberare la preferenza per il dolce, come se inducessero i ragazzi a scegliere, per esempio, in aereo sempre lo snack dolce».
Le nuove linee guida raccomandano di non eccedere con gli zuccheri aggiunti, diversi da quelli presenti naturalmente nel cibo e che sono a lenta cessione nell’organismo, come il fruttosio. Secondo Riccardi, inoltre, la glicemia postprandiale ha un maggiore valore informativo rispetto al consueto check a digiuno, per avere un quadro del proprio stato di salute, in particolare metabolico; questo è confermato da un ampio studio condotto dai ricercatori della Società Italiana di Diabetologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria San Luigi Gonzaga di Orbassano (Torino). Osservando per 14 anni oltre 500 pazienti con diabete di tipo 2, gli studiosi hanno concluso che «L’iperglicemia dopo i pasti è un fattore altamente predittivo del rischio di eventi cardiovascolari e di mortalità, più importante della iperglicemia a digiuno».

Fonte 14 settembre 2011, corriere.it

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